Da new normal a new beginning

PensareB
6 min readOct 8, 2020

Affrontiamo questa che chiamiamo “nuova normalità” come se la realtà fosse ferma e stabile, e come se la questione fosse ormai semplicemente adeguarsi a questo nuovo che c’è cercando le soluzioni in ciò che abbiamo già vissuto e sperimentato. Alcune riflessioni di Myriam Ines Giangiacomo, CEO e founder di Bottega Filosofica, su quanto vediamo veramente l’altra riva del fiume che stiamo attraversando e se stiamo usando gli strumenti più adatti a raggiungerla.

Molti dicono che ci troviamo in un ‘new normal’ cioè una nuova normalità, frutto del cambiamento prodotto dall’irruzione del COVID 19 nella vita degli esseri umani sul Pianeta, come se questa si fosse già delineata e che quindi la questione sia adeguarsi a questo nuovo che c’è cercando le soluzioni in ciò che abbiamo già vissuto e sperimentato.

Quindi, utilizzando il mindset consolidato della pianificazione strategica stiamo, appunto, facendo piani d’azione come se la realtà fosse ferma e ci turbiamo se qualcosa fa vacillare la visione che ci siamo costruiti del ‘new normal’, delle sue caratteristiche e dei suoi impatti e sembra smentire, con i fatti, le conclusioni che avevamo appena raggiunto.

Mi sembra un modo poco utile di procedere. Provo a suggerire un altro approccio. La mia sensazione, infatti, è che, invece, siamo in pieno ‘in between’, in mezzo al guado, ci verrebbe da dire, con la differenza che non vediamo l’altra riva e il fatto di non vederla non è irrilevante.

Per comprendere meglio questo nostro stato ci viene utile il modello del Transition management di William Bridges che chiama questa fase ‘neutral zone’ mettendo in evidenza in tal modo che siamo in uno spazio ‘opaco’ e in un tempo dalla durata indefinita e indefinibile.

Quello che mi è sempre piaciuto di questo modello, il suo principale punto di forza a mio parere, è che si concentra sulla transizione, non sul cambiamento. La differenza tra questi è sottile ma importante.

Scrive infatti Bridges: “Il cambiamento è qualcosa che accade alle persone, anche involontariamente. La transizione, invece, è interna: è ciò che accade nella mente delle persone mentre attraversano il cambiamento. Il cambiamento può avvenire molto rapidamente, mentre la transizione, di solito, avviene più lentamente”.

(W. Bridges, S. Bridges, Managing Transitions: Making the Most of Change)

Bridges allora identifica tre fasi di transizione attraverso le quali le persone passano quando sperimentano un cambiamento. Queste sono:

  • Letting go, concludere, abbandonare e lasciar andare
  • Neutral Zone, zona neutra
  • New beginning, nuovo inizio.

Letting go

La prima fase è spesso segnata da una resistenza e da uno sconvolgimento emotivo, perché le persone sono costrette a lasciare andare qualcosa nella quale si sentivano a proprio agio. E’ ciò che è accaduto nel mondo da quando ha fatto la sua comparsa il virus ed è insorta la pandemia planetaria che stiamo vivendo.

E’ fondamentale comprendere che c’è stato un cambiamento drastico e irreversibile. Il mondo non sarà mai come prima. Tanto? Poco? Non lo sappiamo, ma se cerchiamo di sminuire ciò che è accaduto e ci aggrappiamo a vecchi pensieri e vecchie abitudini guardando solo a quando potremo ripristinarli, qualunque nostro proposito è destinato a fallire.

In questa prima fase, è naturale, fisiologico, provare emozioni quali paura, negazione, rabbia, tristezza, disorientamento, frustrazione, incertezza, senso di perdita.

Ma è indispensabile accettare che qualcosa è finito/sta per finire prima di poter iniziare ad accettare una nuova idea del Mondo, di noi stess*, di noi stess* nel Mondo. E' importante comprendere la nostra e l’altrui resistenza al cambiamento e le emozioni che questa porta con sé. Darci il tempo, cercare in noi la forza e negli altri il sostegno per accettare quanto è avvenuto e sta avvenendo e consentirci di lasciar andare il passato, prendendo consapevolezza e accogliendo, senza rifiutarle anche quando non ci piacciono, le nostre emozioni.

In questa fase è cruciale saper vedere come le nostre competenze, abilità ed esperienze siano utili per il domani e a capire di cosa abbiamo bisogno (per esempio formazione, risorse, ecc. ) per operare efficacemente in un nuovo contesto.

Spesso le persone hanno paura di ciò che non capiscono, diventa fondamentale, quindi, aiutarci reciprocamente a immaginare un futuro positivo e comprendere come le nostre conoscenze e competenze possono essere strumenti essenziali per realizzarlo.

Neutral Zone

Nella seconda fase, quella in cui possiamo entrare solo se abbiamo concluso la prima - come singoli, non solo come comunità - e che chiamiamo ‘zona neutra’, spesso subentra un forte disorientamento la cui intensità e drammaticità è in relazione con come si è vissuta la fase precedente. La seconda è una fase di ‘limbo’ nella quale, idealmente , si deve ‘stare’ con i propri sentimenti. E’ un momento esperienziale, una sorta di moratoria nelle attività abituali e nella vita quotidiana.

Nella zona neutra, la vecchia realtà è andata, ma la nuova realtà non è ancora il nuovo progetto. Questa fase può essere un tempo segnato da molte attività o, al contrario, un tempo vuoto nel quale non molto sembra accadere.

In entrambi i casi, la zona neutra è una fase durante la quale il futuro non è chiaro, ma il passato è passato. E’ importante che le persone sappiano che questa è una fase naturale, fisiologica, necessaria per maturare il nuovo fuori e dentro di noi e che le risorse più importanti alle quali ricorrere sono l’immaginazione e la creatività.

Durante la fase di ‘zona neutra’ le cose vengono a fuoco, il futuro desiderabile ha l’opportunità di prendere forma e il nuovo inizio prende corpo quando le persone possono identificarsi nel loro nuovo ambiente e con ciò che può essere loro richiesto.

New beginning

Il nuovo inizio, della cui effettività ci accorgeremo ‘naturalmente’ quando ci saremo dentro, ci porterà una nuova identità e una nuova realtà.

“La nostra responsabilità morale non è quella di fermare il futuro, ma di modellarlo ... incanalare il nostro destino in direzioni umane e rendere più agevole la transizione”, questo scriveva il futurologo Alvin Toffler già nel 1970 (A.Toffler, Future Shock).

E molti anni dopo, Yuval Noah Harari nella sua Introduzione a 21 Lezioni per il XXI secolo, afferma “In un mondo alluvionato da informazioni irrilevanti, la lucidità è potere. In teoria chiunque può partecipare al dibattito sul futuro dell’umanità, ma è molto difficile mantenere una visione chiara.

Spesso non ci accorgiamo neppure che un dibattito è in corso, o quali siano le questioni importanti. Miliardi di noi possono a stento permettersi il lusso di approfondire queste domande, poiché siamo pressati da ben altre urgenze: lavorare, prenderci cura dei figli o assistere i genitori anziani.

Purtroppo la storia non fa sconti. Se il futuro dell’umanità viene deciso in vostra assenza, poiché siete troppo occupati a dar da mangiare e a vestire i vostri figli – voi e loro ne subirete comunque le conseguenze. Certo è parecchio ingiusto; ma chi ha mai detto che la storia è giusta?” (Y.N.Harari, 21 lezioni per il XXI secolo)

Allora diventa cruciale riuscire a ‘vedere’ - guardando la realtà in maniera lucida - e a comprendere - sforzandoci di andare oltre la ricerca di soluzioni tra quelle già note - il futuro possibile per assumersi in prima persona la responsabilità morale di modellare quel futuro nella direzione di un mondo desiderabile, più giusto e più sostenibile per tutti.

Avere il coraggio di confrontarsi con ciò che non conosciamo, il coraggio di ascoltarci reciprocamente con sincerità e rispetto, il coraggio di desiderare, immaginare, innovare, inventare e sperimentare il nuovo senza la presunzione di sapere e la fretta di concludere.

Da ‘new normal’ a ‘new beginning’

Credo che non confondere questa fase che stiamo chiamando ‘new normal’ con il ‘new beginning’ e invece avere la forza e la pazienza di riconoscere e di stare nella ‘neutral zone’ per tutto il tempo che serve per ‘incubare’ il nuovo inizio, sia condizione necessaria per costruirlo come davvero ci serve come individui e come comunità.

I tempi della storia sono lunghi anche se negli ultimi cinquant’anni ce ne siamo voluti dimenticare e la transizione appena iniziata non può concludersi in pochi mesi. Per questo non possiamo progettare solo a breve termine né valutare i risultati di ciò che stiamo facendo in un tale arco temporale.

La realtà ci chiede, piuttosto, di recuperare il valore dell’osservazione, dell’ascolto, della riflessione, della pazienza e della lungimiranza.

Come ha scritto recentemente Anna Maria Testa in un suo articolo “La pazienza non è una condizione passiva ma è una condizione dinamica e operativa. [...] La pazienza è uno stato attivo. [...] Ci aiuta a gestire lo stress e la frustrazione, a mantenere il controllo anche nelle situazioni sfavorevoli e a rimanere centrati.

E comincio a sospettare che il maggior dono dell’essere pazienti, più ancora dell’evitare errori dovuti a fretta e superficialità, più ancora della calma, sia proprio quello di riconsegnarci un futuro.

Di fatto, la pazienza è intrinsecamente ottimistica. Si nutre di speranza, di lungimiranza e di fiducia. Ci permette di darci obiettivi a lungo termine e di conseguirli”.

Se lo avremo fatto, una mattina, diversa per tutti, ognuno di noi si sveglierà ‘sentendo’ di essere nel proprio ‘new beginning’ e insieme tutte le epifanie individuali andranno, lentamente, a configurarsi come un nuovo inizio anche per il Mondo.

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